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Ciao, io sono Valentina. In ogni puntata vi racconterò delle storie, distanti tra loro nel luogo e nel tempo, che si riveleranno più vicine di quanto non sembrasse, in un mix di cultura, storia e attualità.
Benvenuti a Io non sono nessuno.
l viaggio di oggi è tra i più cupi e tristi che abbiamo fatto finora. Tocca temi molto difficili, che parlano di dolore e ingiustizia. Potrebbe essere un ascolto pesante, soprattutto per chi è particolarmente sensibile. Se senti che queste storie ti turbano, fermati: prenditi cura di te, parla con chi ti vuole bene o, se serve, rivolgiti a un professionista. Non c’è nulla di male: la tua salute mentale viene prima di tutto.
Per coloro che si avventureranno con me in questo viaggio, attraverseremo le Americhe per tornare in Italia, partendo dai lontani anni '50 fino ad arrivare ad oggi. Oggi diamo voce a chi non ha avuto voce per troppo tempo. Oggi ricorderemo le storie di alcune persone affinché restino ai posteri e non vengano dimenticate.
1955, USA.
Lo psicologo e sessuologo John Money conia il neologismo "gender", intendendo proprio ciò di cui si sente parlare spesso: "il genere" o il "gender", come lo chiamano alcuni oggi.
Money segue in particolare i casi di ermafroditismo (oggi non si chiamano più così, ma allora si usava questo termine) e di coloro che nonostante il sesso assegnato alla nascita, si sentono appartenere a un altro sesso e si comportano come tali.
E' grazie a lui e ai suoi studi che nasce il concetto di "identità di genere" e il concetto di "ruolo di genere". L'identità di genere è come l'individuo si definisce, a prescindere dal cosiddetto "sesso assegnato" (ovvero a prescindere dal sesso che si è ritrovato alla nascita): per esempio, potrei essere nata donna ma sentirmi uomo; mentre il ruolo di genere è l'aspettativa sociale su un certo genere (maschile o femminile): mi sento uomo ma non rispondo ai canoni sociali costruiti per gli uomini nella società in cui vivo.
Money divenne molto famoso per i suoi studi, anche se ci vollero altri 20 anni affinché si parlasse di genere in termini scientifici.
Insieme al collega Richard Green, pubblicò un volume il cui titolo era "Transessualismo e riassegnazione del sesso". Erano i primissimi studi sull’argomento e capite che per essere gli anni 50, erano veramente anni luce avanti. La loro idea era quella di procedere chirurgicamente con una riassegnazione del sesso per coloro i quali non sentivano di appartenere al sesso assegnato alla nascita. Secondo loro infatti il sesso biologico era da considerarsi "neutrale", e l'identità di genere veniva influenzata dai fattori sociali/ambientali e non di fattori biologici/"naturali".
Grazie anche alla sua fama e alla sua competenza, fu consultato da molti genitori: Money infatti era interessato in particolare alla sofferenza psicologica dei bambini nati con genitali ambigui o danneggiati.
Conobbe il caso di Bruce Reimer, un neonato di 8 mesi i cui genitali erano andati irreversibilmente distrutti durante una circoncisione finita male. I genitori, dopo aver consultato Money, decisero di praticare la riassegnazione del sesso e crescere Bruce come una bambina. Bruce fu così cresciuto come Brenda, fu seguito da Money anche con terapie ormonali, e tirato su con bambole e vestitini. Fu considerato un vero successo, tanto che Money divenne conosciuto per il caso di "John/Johan", caso che non rimase isolato e tra gli anni ‘60 e ‘70 ci furono molti bambini che furono sottoposti a questa pratica, specialmente nei casi di intersessualità (ovvero i casi in cui il sesso biologico non è chiaro), influenzati appunto dalle teorie di Money.
Ma durante la crescita di Brenda, era evidente la sua sofferenza: non riusciva a legare con le altre bambine, ed era molto a disagio con il suo corpo, e quando fu adolescente i problemi si accentuarono. Come se non bastasse, il dolore si ripercuoteva su tutta la sua famiglia, in particolare su suo fratello gemello Brian. Dietro consiglio dello psichiatra locale, i genitori decisero di dire la verità a Brenda, che venne così a sapere della sua storia a 14 anni: venne a sapere che non era sempre stata Brenda ma era nata come "Bruce" e Bruce decise di tornare al suo sesso originario, e di chiamarsi David.
Giunti a questo punto, immaginate come poteva essersi sentito David: intrappolato in un corpo che odiava, e poi la scoperta della tragedia avvenuta poco dopo la sua nascita, e la terapia ormonale che sicuramente influiva sul suo umore, e l'esclusione sociale, e la delusione per la menzogna perpetrata per tutto quel tempo…… Non c'è da stupirsi se, purtroppo per lui, il ritorno al sesso di nascita non fu sufficiente per alleviare la sofferenza. David tentò il suicidio due volte.
In seguito David conobbe uno psicologo, in competizione con Money, Milton Diamond, che tentò di aiutarlo e, come ricercatore, in un articolo scientifico dichiarò decisamente fallito questo esperimento e una truffa la teoria di riassegnazione del sesso, scuotendo l'intera comunità scientifica.
Nel 1997, sulla rivista Rolling Stones, David decide di uscire allo scoperto per la prima volta e di raccontare la sua storia, intervistato dalla penna di John Colapinto.
Qui vennero fuori altri aspetti assolutamente sconcertanti dell'esperimento: Money considerò infatti il gemello di David come un "gruppo di controllo", ovvero l'individuo da tenere come riferimento (a maggior ragione perché identico) per l'esperimento in corso, e sottoponeva entrambi i bambini a "prove sessuali" per rafforzare la loro identità di genere. Attenzione, David non sembra voler dire che l'intento del dottore fosse predatorio o pedofilo, ma quali che fossero gli intenti furono assolutamente irrilevanti perché ciò che i bambini dovettero patire non ha un nome che possa descriverlo, e comunque non ne teneva di conto.
Brian morì di overdose di antidepressivi, a seguito degli abusi di Money. Due anni dopo David riuscì a suicidarsi.
Il caso fu un vero disastro umano e scientifico e i nodi da districare sono davvero tanti.
Dal mio punto di vista, è semplicemente tragico quello che è successo a David e Brian. Tutto è cominciato però con Money che aveva semplicemente fatto quello riteneva giusto per il neonato: proviamo un attimo a pensare bene infatti al futuro che si prospettava per David. Sarebbe cresciuto senza organi genitali praticamente, e i risvolti psicologici sarebbero stati tremendi, soprattutto considerando la società dell’epoca. Inoltre Money credeva realmente nella sua teoria della neutralità del sesso e quindi nella possibilità di plasmare un'identità di genere solo in base all'ambiente in cui l'individuo cresce. Era certo della distinzione tra identità di genere e sesso biologico e aveva ragione su questo, anche oggi in antropologia si usano e si riconoscono queste distinzioni… ma credo che non avesse colto che distinti, non significa separati in compartimenti stagni. E forse, la sete di dimostrare la sua teoria lo ha portato a compiere quelli che si possono a tutti gli effetti definire degli abusi sui ragazzi, in nome della scienza. Se David aveva davvero cercato di "salvarlo" da un destino tragico di uomo senza il proprio organo genitale, Money non aveva avuto alcuna premura nei confronti del fratello Brian, che si è trovato nel mezzo come una cavia da laboratorio. Cosa che mette Money nel torto pieno, al di là di qualsiasi giustificazione.
Un po' per gli abusi, un po' per i pregiudizi che portava con sé la teoria della riassegnazione del sesso, Money divenne un bersaglio, e anzi, una freccia nella faretra per la propaganda "anti-gender". E qui sta l’ironia: la tragedia di David e Brian dimostra esattamente il contrario di ciò che sostengono gli “anti-gender” (ammesso che questa definizione significhi qualcosa). David era stato operato, aveva una vagina, non ricordava nulla di ciò che era successo perché l’intervento era avvenuto quando aveva pochi mesi, ed era stato cresciuto come una bambina. Eppure, si sentiva maschio. Nessuna operazione e nessuna educazione hanno potuto cambiare questa realtà interiore. Questo significa che è assolutamente possibile sentirsi nel corpo sbagliato, anche se si è nati così, e non è vero che queste sono scelte che si fanno per "moda". E' una cosa che lacera dentro in modi che noialtri, i cis-gender, non possiamo neppure immaginare.
Il sentirsi uomo o donna non dipende soltanto dai genitali con cui nasci o dall’educazione che ricevi. Certo, questi fattori influiscono, ma non bastano da soli a determinare l’identità di genere: essa è qualcosa di più profondo, legato alla biologia e all’esperienza interiore, non semplicemente agli organi sessuali, come vorrebbero dirci gli “anti-gender”.
Questa terribile storia ci fa anche capire quanto applicare una teoria a prescindere, non valutare le condizioni esterne e ignorare o non prendere in considerazioni tutte le variabili di una situazione siano fattori che sommati possono portarci verso il baratro. Un cisgender, ovvero una persona nata con un certo sesso biologico a cui si sente anche di appartenere, è solo un po' più fortunato: non è a disagio con il proprio corpo, non si sente intrappolato in una gabbia, in un posto che non riconosce come suo. Ma sia chiaro: non l'ha scelto lui di sentirsi bene con il suo corpo. Non ha scelto di essere cisgender, si è solo trattato di fortuna, di un caso.
Aprile 2025, Colombia.
Sara Millerey Gonzalez vive a Bello, una città delle dimensioni di Firenze. Ha 32 anni, è esuberante, solare. La pelle ambrata tipica del Sud America che sembra risplendere da sola, e una personalità eccentrica. Tutti la conoscono e la apprezzano: Sara sapeva farsi voler bene. Sara è una donna transgender. E Bello purtroppo non è ancora una città sicura per quelle come lei che vivono apertamente la propria identità.
Nel suo diario scrive di avere paura di essere aggredita. Scrive che ha paura che le succeda qualcosa.
Un giorno si reca da uno zio a chiedere un po' di soldi per comprare dei vestiti, ma lo zio le dà solo la metà di ciò che le serve e perciò Sara si arrabbia, un po’ giovane e capricciosa, un po’ diva mancata, e va via. Lo zio non avrà più modo di parlarci: lo stesso giorno, Sara viene aggredita da un gruppo di uomini.
Secondo le ricostruzioni, Sara viene portata in una casa, torturata, picchiata brutalmente, ferita al petto, poi gli assalitori si accertano di romperle le ossa delle mani, delle braccia e delle gambe per evitare che possa scappare e la gettano in un burrone, sul fondo del quale scorre il torrente locale, rigonfio per le recenti piogge.
So che è difficile ascoltare tutto questo. Ma proprio perché è difficile, dobbiamo raccontarlo: per non dimenticare e per dare dignità a queste vite. Non possiamo permetterci il lusso di guardare altrove, di ignorare la sofferenza. Se non parliamo noi che possiamo, chi altro lo farà per loro?
E' giorno. Gli aggressori non si fermano davanti all’agonia. Sara non muore subito: lotta, urla, resiste. Una sirena nel fango, come l’hanno dipinta alcuni. Le bestie che le hanno fatto questo la riprendono con il cellulare, riducendo la sua sofferenza a un trofeo da mostrare. In rete circola ancora quel video, prova dell’abisso in cui può cadere l’essere umano quando rinuncia alla propria umanità.
Dopo diversi minuti di riprese e di urla di Sara, sempre più agonizzante, arrivano dei soccorritori ma quel gruppo di animali ignobili che l'ha aggredita li minaccia di non aiutarla se non vogliono finire male. Solo più tardi i familiari e i vigili del fuoco riescono a recuperarla dalle acque del torrente, più giù, in fin di vita. Sara lascia questa Terra il giorno dopo all'ospedale di Medellìn per le ferite riportate. E' il 05/04/2025.
"Non mi ha detto altro per non preoccuparmi, perché era una persona che non faceva del male a nessuno, a nessuno. Tutti la conoscevano. Non è stata minacciata, non è stata minacciata affatto... l'hanno insultata perché era un travestito, ma le ho detto di non dare ascolto alla gente ".
Queste sono le parole della madre di Sara, come le ha riportate El Colombiano, uno dei giornali più importanti del Paese.
Dopo un mese, il primo arresto e dopo un altro mese il secondo. Criminali di zona, con una fedina penale lunghissima per omicidio, armi, droga. Di tutto un po'. Due soggetti, di un gruppo di 6 persone, che rigettano tutte le accuse ovviamente e che per motivi assurdi erano ancora a piede libero. Al giorno in cui sto preparando questo episodio, sono ancora entrambi in custodia cautelare in prigione, in attesa di processo. Interessante notare che non pare esserci altro movente: Sara non era ricca, non poteva offrire niente. Quella gente sa chi colpire per queste cose. No, Sara non è stata uccisa perché quelli erano criminali e basta. Sara è stata uccisa da un odio transfobico. Istituzioni civili e non si sono indignate e larghissima è stata la risonanza di questo caso in Colombia, tanto che nel parlamento colombiano, alla Camera, è da poco passata la legge "Sara Millerey", proprio in suo onore, per garantire ai trans gli stessi diritti e la stessa protezione di tutti gli altri cittadini. E magari qualcuno dirà: "ma in fondo erano criminali, è sulla criminalità che bisogna agire", certo, ANCHE su quella ma ANCHE sulla cultura di fondo. Specialmente in un posto come quello, dove solo quest'anno, fino a giugno 2025, le vittime LGBTQIA+ salgono a 25, di cui 15 sono donne trans, secondo il collettivo locale Caribe Afirmativo.
Passano pochi giorni, e nella stessa provincia di Antioquia c'è una nuova vittima LGBTQIA+, Selene.
Wilson Castañeda, il direttore di Caribe Afirmativo, dichiara che "Il modo in cui viene esercitata la violenza, il modus operandi, suggerisce che esiste una relazione diretta tra l'orientamento sessuale, l'identità o il discorso di genere della vittima e l'atto vittimizzante".
Infatti, sempre dalle ricostruzioni, sembra che le aggressioni ai danni delle donne trans avvengano spesso attraverso la progettazione di vere e proprie trappole con le app di dating (dove solitamente quindi l'identità e l'orientamento sessuale è anche ben chiara e ben indicata sul profilo della vittima).
"Perché i membri di un gruppo criminale scelgono una persona LGBTQIA+ e non una persona cisgender? Perché decidono di usare la ricerca sessuale come mezzo per adescare la vittima? Se l'obiettivo dell'organizzazione illegale è rubare ed estorcere, perché finiscono per ucciderla? Perché il modo in cui danneggiano questa vita è così brutale, infliggendo percosse correttive, impiccandole, legandole con cavi televisivi, lasciandole legate mani e piedi, con segni sul corpo, nelle vasche da bagno?", si chiede il leader sociale Cordoba, facendo riferimento ai tanti altri casi passati di vittime LGBTQIA+.
Come riporta sempre El Colombiano, l'ultima Tavola Rotonda sui Casi Urgenti, guidata dal Governo Nazionale di Antioquia per affrontare queste problematiche, si è tenuta a Bello ad Agosto 2024. Lì, le organizzazioni hanno segnalato che in quel comune, e in zone come il centro di Medellín (poco distante), vi è un'alta incidenza di donne transgender che lavorano nella prostituzione a causa della mancanza di opportunità di lavoro e che sono quindi ad alto rischio di violenza. Secondo alcune testimoni, lavorare in centro a Medellìn è impossibile a causa delle gang: le minacciano, le ricattano per farle pagare un pizzo, prendono i loro beni, le costringono ad andarsene dal quartiere se non pagano o le aggrediscono:
"Ci hanno messo alle strette, e questo fa male a chi, per necessità, è costretto a lavorare come prostituta", questo un virgolettato su El Colombiano.
Dal documento ufficiale dell’Audiencia Pública del 24 aprile 2025, alla Camera dei Rappresentanti in Colombia, emerge una testimonianza particolarmente significativa. Prima, una nota: l’audiencia è quel momento del processo legislativo in cui istituzioni e società civile si confrontano su una proposta di legge. Nel caso della legge intitolata a Sara, si sono alternate voci importanti, ma qui voglio soffermarmi su quella di Christopher Derek Andrade Alvarez, uomo trans di Buenaventura, direttore e cofondatore del Colectivo Afrotrans.
Christopher ha raccontato che, quando si è recato a richiedere il libretto militare, gli è stato negato solo perché aveva la voce profonda e la barba.
Per capire la gravità dell’episodio, serve un chiarimento: in Colombia la leva è ancora obbligatoria per i maschi, e il libretto militare è un documento essenziale. Serve per stabilire se un cittadino deve servire lo Stato o è esonerato, ma soprattutto è indispensabile per laurearsi, partecipare a concorsi pubblici o lavorare nella pubblica amministrazione.
Eppure, nonostante Christopher avesse già completato la sua transizione e ottenuto il cambio di genere sui documenti ufficiali, un funzionario ha deciso di negargli quel diritto, basandosi solo su pregiudizi transfobici.
Questo episodio mostra bene quanto la popolazione trans parta già svantaggiata: prima a causa dei pregiudizi sociali, poi perché i diritti sulla carta vengono di fatto negati. Se a questo si aggiunge la discriminazione razziale subita dalla comunità afrodiscendente, lo svantaggio diventa triplo. È anche per questo che molte donne trans si ritrovano costrette alla prostituzione: non per scelta, ma perché la società chiude loro ogni altra porta.
Ecco perché la legge in nome di Sara è così importante: sarebbe veramente un passo storico per la Colombia e soprattutto per la comunità transessuale. La legge deve ancora passare dal Senado purtroppo, l'iter è ancora lungo, e come potete immaginare non mancano gli oppositori, dal centro ai liberali, che sostengono che possa rappresentare una "imposizione ideologica". Ma di "ideologico" nei numeri non c'è assolutamente niente: nel 2024, l'ufficio del Difensore civico ha documentato 882 casi di violenza basata su pregiudizi, 254 dei quali hanno colpito donne transgender. E in quanto sia donne che transgender, subiscono l'ennesimo pregiudizio. Caribe Afirmativo su X ha scritto un post in cui dice che, rispetto al primo trimestre del 2024, si è già registrato un aumento pari al 133% delle violenze.
E mentre la politica dei grandi palazzi chiacchiera, sul territorio c’è chi si dà da fare e offre una speranza concreta che le cose possano migliorare. L’ufficio del comune di Medellín si è attivato e ha già condotto 74 sessioni di formazione su questi argomenti nelle scuole pubbliche; ha fornito orientamento a 4.586 persone LGBTQIA+ e alle loro famiglie per quanto riguarda l’accesso ai diritti; ha supportato altre 1.289 persone in materia di istruzione, occupabilità, imprenditorialità e progetti di vita; ha fornito consulenza legale a 394 persone; ha aiutato 14 aziende a realizzare ambienti di lavoro liberi da violenza e discriminazione nei confronti delle persone LGBTQIA+; ha condotto attività educative e di mobilitazione con 5.487 persone. Azioni concrete e serie, che vanno nella direzione giusta.
Sapete invece dove penso che sia realmente l’ideologia? Nei ruoli di genere e nelle aspettative. Nelle parole e nelle abitudini. Nel divieto di emozioni. Nell’attribuzione di alcune categorie della vita quotidiana a uomini o donne. Degli esempi? I vestiti rosa per le bimbe e blu per i bambini. I colori sono semplicemente colori. Possono farsi carico dei nostri stati d’animo, del nostro carattere, ma non abbiamo forse tutti la capacità di provare le stesse cose? Chi l’ha detto che alcune emozioni sono appannaggio esclusivo di un sesso o di un altro? Tanto più che certi colori che noi usiamo in un certo modo e a cui attribuiamo certi significati, non hanno assolutamente gli stessi significati in altre culture del mondo: pensiamo al bianco per esempio. Da noi lo usano le spose, mentre in certe società asiatiche lo si usa esclusivamente per i funerali.
Ma anche le azioni quotidiane sono condizionate da queste costrizioni sociali: fare una lavatrice, lavare i piatti, passare l’aspirapolvere non dovrebbero essere considerate “cose da donne”. Eppure se un uomo vivesse da solo dovrebbe saper fare tutte queste cose, che quindi sono solamente attività basiche della vita quotidiana di un qualunque essere umano. Allo stesso modo, il calcio, la matematica, le scienze non sono “cose da uomini”. Una passione è una passione, non cambia in base ai genitali che hai. Imporre ruoli così rigidi, questa sì che è vera ideologia.
Ciò che invece desideriamo tutti, nessuno escluso, è la libertà. E la libertà autentica è non sentirsi obbligati a vivere secondo i bisogni o i pregiudizi degli altri. È poter essere cisgender, omosessuali, pansessuali, trans, queer… senza dover rendere conto a nessuno. La libertà è accettazione dell'altro.
Finché le scelte degli altri non limitano la nostra vita, non abbiamo alcun diritto di ostacolarle. Volete davvero la libertà? Allora dobbiamo liberarci dei ruoli di genere e degli stereotipi. Dobbiamo liberarci dalle aspettative imposte, e aiutare tutt* a realizzarsi per ciò che sono davvero.
Mi piacerebbe poter dire che l’Italia si comporta meglio con le persone transgender e che qui certe cose non succedono… ma purtroppo non è così.
Maggio 2025: una detenuta transgender viene trasferita dal carcere di Reggio Emilia (una delle pochissime carceri italiane ad avere una sezione per le persone transgender) a quello di Ferrara, in un carcere interamente maschile. Fin da subito la detenuta ha segnalato di temere per la propria incolumità, e di essere stata palpeggiata nei corridoi dell'istituto.
Purtroppo, anche il suo grido di aiuto è stato inascoltato e il 24 giugno 2025, la donna denuncia all'Istituto penitenziario di essere stata violentata da 4 detenuti. Le indagini sono ancora in corso mentre preparo questo episodio.
"Come è stato possibile - ha domandato la garante comunale Manuela Macario - metterla in un istituto per soli uomini e non adeguato alle sue esigenze? Una vergogna, un fatto gravissimo, segno di grande cecità e ignoranza delle istituzioni".
Esatto. Cecità e ignoranza. Ma come sempre, questa è solo la mia opinione, e io non sono nessuno.
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