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Un femore rotto. La speranza che guarisca.
IO NON SONO NESSUNO
Non è un modo di dire. È uno stato della mente. Io sono te. Io sono come te. Semplicemente una persona.
È questo il principale motivo del nome del podcast. Banale? Può darsi. Ad alcuni non sfuggirà anche il gioco di parole presente nel logo attraverso i colori: "Io non so" e "io non sono". L'idea è quella di mettere le mani avanti: non sono nessuno per insegnare qualcosa, io socraticamente "so di non sapere" e quel poco che conosco lo condivido perché ne nasca un dibattito (civile, se no vi banno senza pietà); sperando di fornire qualche informazione in più, qualche spunto in più, fosse anche solo un concetto nuovo, per chi mi ascolta; sperando di instillare il dubbio negli arroganti; sperando di far nascere una nuova opinione, un pensiero, una nuova sinapsi. Sperando di incuriosire, perché la cosa migliore è che non vi fidiate di cosa dico, ma decidiate di toccare con mano e interessarvi, ricercare, studiare, leggere.
Se già riuscissi a suscitare questo in uno solo di voi per me la missione sarebbe già compiuta.
Ma le mie motivazioni non sono tutte qui.
Quando a Margaret Mead, nota antropologa, fu chiesto come nacquero le società degli esseri umani, lei rispose che cominciò tutto con "un femore rotto e poi guarito": un femore guarito indica la presenza di un altro individuo che si sia preso cura del ferito. Senza quell'individuo, essere feriti a un femore significava morte certa: sei preda e non puoi scappare.
La cura, la condivisione, l'apertura verso l'altro: queste cose ci appartengono da prima che la nostra specie avesse coscienza di se stessa. Condividiamo il nostro sistema limbico con i mammiferi e come loro siamo animali sociali. Da tempo immemore l'essere umano è andato creando prima una famiglia, poi i clan, e poi società sempre più grandi e ampie fin ad arrivare all'inizio dell'era dei social network in cui si trovano connessi miliardi di individui in tutto il mondo, costruendo la società più grande che si sia mai vista, che oltrepassa confini geografici e nazionali. Non a caso si dice che "condividiamo un post": l'idea alla base è quella di unire.
Ma, paradossalmente, ho la sensazione che l'uso che si fa spesso dei social e delle piattaforme ponga realmente delle distanze, tanto per cui, per esempio, una persona che semplicemente è in cerca della sua metà non ha più strumenti di conoscere persone nuove senza rischiare di finire su qualche post di gruppi o pagine per essere bersaglio di scherno.
Ma potrei fare altri esempi di distanze causate dall'uso dei social network: la bellezza perfetta, filtrata di Instagram o creata con quintali di trucco, la magrezza irreale delle modelle e dei modelli, le skin-care routine ossessive, l'ostentazione di macchine, vestiti, accessori, viaggi di lusso: queste cose solleticano i nostri istinti primordiali ma non ci invitano a uscire per metterci in discussione e provare a realizzare ciò che vogliamo, anzi, ci invitano a rimanere nel buio, nascosti dietro uno schermo o una tastiera, a sputare il veleno della nostra invidia o a sentirci inadeguati nel migliore dei casi.
Perché? È il social stesso, e forse l'era di internet stessa, che ci urla "Tranquillə, ci pensiamo noi, tu fai solo il minimo che ti senti in pochi tap sul tuo smartphone". E perciò, se vuoi comprare qualcosa perché uscire di casa? C'è Amazon. Vuoi divertirti e cambiare canale quando vuoi spendendo pochissime energie cognitive? Ci sono i Reel o i video di TikTok. Vuoi dei consigli su come vestirti? Ci sono gli influencer apposta per te. Vuoi sputare lo schifo che provi verso te stesso o verso il mondo? Ci sono i commenti sotto i post o in direct su piattaforme che garantiscono l'anonimato. Per qualunque cosa ormai esiste una piattaforma che ci consente di gestire quella cosa "a distanza", appunto. Quest'ultimo fatto di per sé non è nemmeno negativo o positivo... ma dipende come sempre dalle circostanze.
E andando oltre, un altro pensiero che ho elaborato e che mi ha spinto a creare il podcast riguarda il fatto che la società di oggi crea individui sempre meno istruiti, la politica si interessa sempre meno dei cittadini, e se dobbiamo dirla tutta non si interessa nemmeno dei suoi elettori che vengono costantemente delusi (sia a sinistra, centro o a destra, a ben vedere) e con la scusa dei social, del freddo o degli acquisti online, non usciamo più, non ci incontriamo più, non stiamo più insieme. Anche l'attività politica una volta si faceva in piazza, ora ci si urla contro, polarizzando tutto, attraverso uno smartphone perché è più facile essere cattivi quando di mezzo c'è un sipario. E non solo noi elettori o comuni cittadini lo facciamo, ma anche la politica usa così questi strumenti. Con un enorme danno non solo per la cittadinanza, per la politica, per le istituzioni ma anche per gli argomenti stessi che meriterebbero un'attenzione più profonda.
Abbiamo invertito l'ordine sociale: dall'aggregazione progressiva di un numero sempre maggiore di individui alla disgregazione progressiva in gruppi sempre più piccoli ed elitari. Noi contro loro.
E quindi io non sono nessuno, sono una persona che vuole aiutare, che prova a condividere il poco che sa, che divulga quello che può, come può, con gli strumenti che ha, che cerca un contatto e prova a creare legami, anche online, sfruttando le piattaforme per quello che dovrebbe essere il loro scopo: l'unione, la collettività, la vicinanza. Per accorciare le distanze tra le persone, non allungarle. Tutto ciò, augurandomi che il mio contributo serva a qualcosa. Magari ad aiutare a guarire il femore rotto di qualcuno. Io non sono nessuno come forma di ribellione all'ordine social(e) costituito, partendo da dentro, e usando proprio i suoi strumenti, perché credo fermamente che si possano usare meglio e per scopi decisamente più alti.
Vorrei anche che questo podcast fosse il mio lascito. Non so se avrò mai figli, ma di sicuro, quando un giorno sarò a fine vita, vorrei poter pensare che nella mia vita ho fatto qualcosa per gli altri e non solo per me stessa. Che sono stata davvero utile, e non in senso economico, che ho davvero fatto il mio dovere di essere umano: condividere, collaborare e aiutare.
Ti ringrazio per aver letto tutto e ti auguro di guarire dal "femore rotto"... e se invece sei sanə come un pesce (beatə te!), spero che lo apprezzerai e che lo troverai comunque utile e dilettevole.
Un abbraccio,
Valentina